Intervista con Mirja Zimmermann
La Campagna Ecumenica di quest’anno mostra la connessione tra la mancanza di risorse e la mancanza di prospettive, visivamente sorprendente e con lo slogan un po’ provocatorio: “La fame divora il futuro”.
La Campagna Ecumenica di quest’anno mostra la connessione tra la mancanza di risorse e la mancanza di prospettive, visivamente sorprendente e con lo slogan un po’ provocatorio: “La fame divora il futuro”.
Associo questo slogan a vari pensieri. Innanzitutto, penso a tutte quelle persone che non hanno abbastanza cibo per poter vivere in modo sano, a bambini e bambine le e i giovani a cui viene negato il futuro a causa della malnutrizione. Penso ai danni alla salute dovuti alla fame e, nei casi peggiori, anche alla morte. Dopo essermi diplomata per diversi mesi ho operato in una struttura per l’infanzia in Sudafrica, dove si collabora con l’ospedale locale. Spesso vi dovevamo ricoverare i nostri piccoli ospiti per ovviare al loro stato di grave malnutrizione in cui si trovavano al momento di essere accolti nella nostra struttura.
Aiuto e speranza: Mirja Zimmermann in Sudafrica. Il piccolo ospite riesce per la prima volta ad alzarsi con le proprie forze.
La fame nel sud è principalmente associata alla povertà e a una minaccia per l’esistenza. Ma la denutrizione e la malnutrizione – e quindi quasi nessuna opportunità di sviluppo e potenziale di sviluppo – sono anche cause e conseguenze della fame.
In effetti, la fame in senso classico è poco visibile in questa zona del mondo, soprattutto in Svizzera. Sebbene ci siano anche qui persone che vivono al di sotto del livello di sussistenza, molti di noi vivono nella situazione privilegiata di sedersi a tavola, davanti a un piatto pieno più volte al giorno. Come pastora però, percepisco una crescente “fame” di senso, di pace e di unità.
Sia nel mio lavoro di pastora in una località dell’Emmental, sia come pastora nello spazio digitale, mi capita spesso che le persone mi dicano che non riescono più a far fronte all’antagonismo, un fenomeno che purtroppo si è intensificato in questi ultimi anni. Esprimono il desiderio di sperimentare l’unità. Il che non significa che dobbiamo essere della stessa opinione su tutto, ma sentirci un insieme in cui lasciamo da parte le nostre differenze o altre opinioni che non dobbiamo valutare costantemente.
Quando l'”io” sostituisce completamente il “tu” o il “noi”. È sicuramente una grande conquista della nostra società che abbiamo imparato a prenderci cura di noi stessi e a non esaurirci all’estremo. Tuttavia, se questo insegnamento si trasforma in egocentrismo, in cui ci si concentra esclusivamente su sé stessi, allora diventa tossico e quindi malsano. Una società può funzionare ed essere pacifica solo se le singole persone sono anche lì l’una per l’altra come un “noi” comune, se ci si unisce per aiutare ad affrontare insieme le sfide. E anche sperare per gli altri, laddove la speranza non sembra più possibile.
Grazie mille.
Mirja Zimmermann durante l’intervista digitale.